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Il vero significato della parola "cambiamento" negli Usa

Ricevo quanto pubblico perché ora si parlerà di Obama, si esalterà. Obama, si dileggerà Obama, si sacrificherà Obama

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Secondo me che ognuno risvegli il proprio Obama, o se preferisce il proprio Berlusconi o il proprio Bush e agisca:

Caro M. ho letto con interesse quanto mi invii su Obama però, a volte mi sembra di essere ormai fuori… fuori in tutti i sensi e osservo ma con la Forza dentro di me.

Ho letto e,sono d'accordo con molte cose, sono d'accordo nel fare attenzione ed essere
presenti; è da un pezzo che lo vivo e lo dico fino a non farmi sopportare da
alcuni. Io parlo di rete di amicizia e ormai sono entrata in contatto con molti veri esseri viventi.

In questo momento su Obama si dice molto e non si sa nulla e so
che le forze repubblicane americane e le forze di una certa massoneria sono
potenti e il fastidio di una elezione o la non ubbidienza dei leader al
sistema precostituito non va perdonata. Oppure c’è stata una obbedienza assoluta.

Che vuoi farci, qui siamo arrivati e da qui in un modo o nell’altro usciremo o meglio, uscirà chi vuole e chi vuole restare nel pantano… resti! Siamo liberi !
So che qualche cosa di terribile e bellissimo è in corso e se non c'è un
Obama ci sarà qualcun altro anche di peggio.

Perché, noi in Italia cosa abbiamo? Le cose le sappiamo, molti hanno capito molto e sta iniziando il silenzio di una Forza interiore immensa e potente; la nostra Forza, la nostra salvezza, la nostra Spada.

Stiamo a guardare con la spada sguainata.
Caro M. tu lo sai:

la spada ferisce oppure lenisce
offende oppure difende.
Ciao Ciao.

(...) Ecco il sottotesto dell'«oratoria» di Barack Obama. Egli dice di voler
ricostituire il potere militare statunitense, e minaccia di scatenare
un'altra guerra in Pakistan, uccidendo ancor più persone dalla pelle scura.
E questo porterà altre lacrime. Lacime diverse da quelle della notte
dell'elezione a presidente, lacrime che Chicago e Londra non vedranno. E
questo non lo dico per mettere in dubbio la sincerità della gran parte delle
reazioni all'elezione di Obama, che è stata possibile non per via
dell'unzione che è stata spacciata per reportage dagli Stati Uniti fin dal 4
novembre (un esempio «I liberal statunitensi sorridono e il mondo sorride
con loro»), ma per lo stesso motivo per cui milioni di email d'indignazione
furono spedite alla Casa Bianca e al Congresso quando fu rivelato il piano
di salvataggio delle banche, e anche perché la maggior parte dei cittadini
Usa sono stufi della guerra.

Due anni fa, questo voto contro la guerra fece guadagnare al Congresso la
maggioranza ai Democratici, solo per assistere alla consegna da parte dei
Democratici di altro denaro a George W. Bush per proseguire con il suo bagno
di sangue. Da parte sua, l'Obama "contrario alla guerra" non ha mai detto
che l'illegale invasione dell'Iraq era sbagliata, ma solo che fu «un
errore». Da lì in avanti, votò per dare a Bush quel che voleva. Certo,
l'elezione di Obama è storica, un simbolo di grande cambiamento per molti.
Ma è altrettanto vero che l'élite statunitense è diventata esperta
nell'usare i neri della classe media e dirigente. Il coraggioso Martin
Luther King riconobbe ciò quando tracciò un parallelo fra i diritti umani
degli Afroamericani e i diritti umani dei Vietnamiti, che allora venivano
massacrati dall'ammistrazione democratica e liberal. E gli spararono.
Stridente è il contrasto con un giovane maggiore che combatté in Vietnam,
Colin Powell, che fu usato per "investigare" e coprire l'infame carneficina
di My Lai. Come segretario di Stato di Bush, Powell fu spesso descritto come
"liberal" e fu considerato l'uomo adatto per mentire alle Nazioni Unite
riguardo alle inesistenti armi di distruzione di massa irachene. Condoleeza
Rice, riguardata come donna nera di successo, ha lavorato alacremente per
negare giustizia ai Palestinesi.

Le prime due cruciali nomine di Obama rappresentano una negazione dei
desideri dei suoi sostenitori riguardo ai principali temi per i quali essi
votarono per lui. Il vicepresidente-eletto, Joe Biden, è un fiero
guerrafondaio e sionista. Rahm Emanuel, che diverrà l'importantissimo capo
di gabinetto della Casa bianca, è un fervente "neoliberista" fedele alla
dottrina che ha portato all'attuale collasso economico e all'impoverimento
di milioni di persone. Ed è anche un sionista - di quelli per cui Israele
viene prima di tutto - che fece parte dell'esercito israeliano, e si oppone
qualsiasi significativa giustizia per i Palestinesi, un'ingiustizia che sta
alla base dell'odio delle genti musulmane verso gli Stati Uniti e della
nascita del jihadismo.

Ma di questo in mezzo ai tripudi dell'Obamamania non si può fare alcun esame
minuzioso, proprio come in mezzo al «momento di Mandela» non era permesso
fare alcun esame minuzioso del tradimento della maggioranza dei Sudafricani
neri. Ciò è particolarmente evidente in Gran Bretagna, dove il diritto
divino degli Stati Uniti di "comandare" è importante per gli interessi delle
élite britanniche. L'Observer, una volta uno dei quotidiani più autorevoli,
supportò la guerra in Iraq di Bush, riprendendone le prove inventate, mentre
ora, senza alcuna prova, annuncia che «gli Stati Uniti hanno recuperato la
fiducia del mondo nei suoi ideali». Questi «ideali», che Obama giurerà di
sostenere, hanno presieduto, sin dal 1945, alla distruzione di 50 governi,
democrazie comprese, e a 30 movimenti di liberazione popolare, causando la
morte di innumerevoli uomini, donne e bambini.

Niente di tutto questo è stato menzionato durante la campagna elettorale. Se
fosse stato permesso, avrebbe potuto esserci il riconoscimento che il
liberalismo, come ideologia gretta, arrogante e guerrafondaia sta
distruggendo il liberalismo come realtà. Prima della sua criminale guerra,
Blair e la stampa adorante negavano l'ideologia. «Blair può essere un faro
per il mondo», dichiarò il Guardian nel 1997. «Sta facendo del governo una
forma d'arte».

Oggi, cambiate il nome di "Blair" con quello di "Obama". E a proposito di
momenti storici, ce n'è un altro di cui non si è parlato, ma che è ancora in
atto. Si tratta dello spostamento della liberaldemocrazia verso la dittatura
industriale, gestita indipendentemente dall'appartenenza etnica, coi media
che fanno da convenzionale facciata. «La vera democrazia», scrisse Penn
Jones Jr, il texano che dice la verità, «è vigilanza costante, non pensare
nel modo in cui tutti si aspettano, ma tenere sempre gli occhi aperti».

John Pilger è un giornalista e documentarista australiano

Titolo originale: "Beware of the Obama hype. What 'change' in America really
means"

Fonte: http://www.johnpilger.com/
Link: http://www.johnpilger.com/page.asp?partid=511
12.11.2008

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da PAOLO YOGURT



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