Il Vangelo della Maddalena
Il mio cuore conosce le porte della tua capigliatura non mi scordare fino a che il sole scala la torre dei tuoi capelli. Pablo Neruda
Anna Maria Bona, che ho avuto la fortuna di incontrare più volte, scrive i suoi libri attraverso il percorso iniziatico indicato dall’Arcangelo Uriel. Le pagine che seguono sono un approfondimento del Vangelo di Maria Maddalena inserito nel libro stesso. Vi lascio alla lettura e spero, molto presto di invitare a Padova Anna Maria
Lodovica
Il Vangelo di Maddalena
”Il mio cuore conosce le porte della tua capigliatura...
non mi scordare…fino a che il sole scala la torre dei tuoi capelli”. Pablo Neruda
Nel corso dell’Ottocento e della prima parte del Novecento, la letteratura cristiana e gnostica, s’arricchì di nuovi testi, che affiorarono dalle sabbie di Ossirinco e altri ancora a Nag Hammadi, in Egitto. Il Vangelo di Maria (Maddalena) è uno di questi testi del Cristianesimo primitivo, appartenente al complesso di opere indicate come Vangeli Gnostici.1)
Nel 1896, un egittologo tedesco di nome Carl Reinhardt, acquistò, al mercato antiquario del Cairo, un manoscritto proveniente forse da Achmin in Egitto, che conteneva la più completa copia rimasta intatta del Vangelo di Maria. A causa di complesse vicende, lo studioso fece pubblicare il papiro in questione solo nel 1955. Esso è noto come Papiro di Berlino 8502.
Alla luce del ritrovamento del Vangelo di Maria, l’immagine di Maddalena deve essere ricollocata in un contesto storico che per secoli l’ha vista protagonista di un ritratto ignominioso e di un marchio infamante di prostituta penitente.
La scoperta di tali fonti storiografiche, mette in dubbio la struttura tradizionale della Chiesa secondo la quale Cristo trasmise i suoi insegnamenti ai soli discepoli maschi che li trasmisero incontaminati ai vescovi succeduti loro. Ricordiamo che la purezza di questa dottrina si fonda sul credo del Concilio di Nicea (convocato nel 325 d.C. dall’imperatore Costantino), e sull’interpretazione ortodossa del canone biblico. Considerando che la dottrina cattolica pone le proprie radici su fonti storiche, è indispensabile oggi attingere al passato e ampliare, a credenti e non, la visione dei recenti testi, per redigere con obiettività una nuova relazione sulle vicende.
Nel Vangelo di Maria, che non è completo, Maddalena rappresenta l’apostolo prescelto cui vengono impartiti insegnamenti esoterici.
Il testo descrive nella prima parte il dialogo tra Gesù risorto e i suoi discepoli, da cui trapela la loro necessità di dissetarsi alla fonte del Maestro, che li sazia rispondendo ai molti quesiti che essi gli pongono. Viene descritta inoltre l’evoluzione che conduce alla liberazione dello spirito, grazie alla Legge di giustizia e di redenzione offerta dalla reincarnazione, la quale consente di eguagliarci tutti in modo imparziale.
La seconda parte si centra sulla rivelazione speciale svelata soltanto a Maddalena, tramite la visione di Cristo, ed esamina la capacità di “vedere” con la Mente superiore, al di là del limite della fredda analisi concettuale.
Il Vangelo inizia con la narrazione di un episodio in cui i discepoli, riuniti, hanno visione del Cristo risorto. Viene precisato che Myriam è accanto a Lui. Il Maestro è assorto in silenzio e Andrea, avvezzo all’ascolto degli insegnamenti, si stupisce che Egli taccia e gli chiede spiegazione. Gesù gli risponde con una domanda: «E voi, non avete niente da dire a Me?».
Qui, rivela Uriel, è chiaro l’intento di stimolare gli apostoli, che sono invitati a non attendere passivamente, ma ad aprirsi alla richiesta, facendo fiorire l’umiltà, affinché chi ha necessità di soddisfare la “sete”, si appresti lui ad avvicinarsi alla sorgente e non viceversa. Egli allude alla più nota frase: ”Chiedete e vi sarà dato”e cerca di smuovere le anime verso la ricerca, responsabilizzando ognuno verso l’osservazione di se stesso.
Simon Pietro denuncia i propri limiti e quelli dei compagni, poiché malgrado ascoltino ogni giorno il verbo Celeste, non riescono ad entrare in sintonia con il Maestro e il “loro cuore rimane arido”.
Uriel afferma che essi non si abbandonano, non si arrendono, non giungono ad accedere alla pienezza della Parola. Prestano attenzione, osservano, ma usano ancora la razionalità della mente, che offusca la Vera Visione e non permette loro di sublimare il momento. Quando si usa un approccio meccanico per comprendere Dio, non si giungerà mai alla Verità; si rimane intrappolati nella quantità di informazioni ricevute, ma non si consegue la Vera Trasformazione. Chi apprende ma non conosce, ha il “cuore sterile”. Il sapere esige tempo, mentre la conoscenza è spontanea, immediata; si nutre solo di grande fiducia.
Il Maestro ricorda che non necessita seguire le Sue orme, ma occorre spostarsi all’interno delle Sue, perché la Verità, l’Unità, sono dentro noi stessi, laddove potremo ritrovare la nostra essenza Divina che danza con noi Eternamente. Quando la separazione tra noi e Dio scompare, noi diveniamo il Tutto.
Uriel commenta che, durante il percorso compiuto dall’anima, ci s’imbatte nella dualità, nel muro di separazione che ci divide da Lui, ma quando il cuore si apre, l’isola scompare e l’anima diventa un continente che viene ricondotto inesorabilmente alla sua origine unica.
Durante il viaggio simbolico, l’anima è sola, affrancata solo dall’equilibrio che le consentirà di prendere coscienza del Sogno, inteso come percezione della realtà visibile in quell’incarnazione. Quando consapevolmente varcherà l’illusione dei mondi, comprenderà ciò che si cela dietro al Karma individuale, trascendendolo. Quello che realizzerà sarà il frutto della sua personale testimonianza, il risultato dell’esperienza di crescita evolutiva.
Uriel ricorda che la ricerca di sé ci conduce a prendere visione del Sogno degli universi concepito dal Gioco divino, che noi crediamo realtà. Il nostro effluvio divino sceglie di elaborare il suo piano evolutivo e la sofferenza può essere necessaria per sviluppare un aspetto di quell’esperienza. Dobbiamo comprendere che, immergendoci nella densità della materia, operiamo affinché germogli il seme della Liberazione. Gesù asserisce nel Vangelo di Maddalena: «La Materia è un sorriso dell’Eterno».
A volte avanziamo, a volte retrocediamo, ma questi ripiegamenti non costituiscono una caduta all’indietro; essi sono un ritorno di qualcosa che deve essere accresciuto per perfezionare il grande Gioco cosmico. Questo concetto apre la prospettiva di un’anima in progresso che, attraverso la coscienza del proprio spirito, realizza, nelle varie esistenze, la metamorfosi per ricongiungersi a Dio.
La vita è Eterna e semplicemente si trasforma, indossa nuovi abiti per esplorare il tempo, lo spazio, l’universo.
Il Maestro spiega a Simone che la realtà è presente in Colui che ha ideato il Gioco: la Realtà è Dio, il Tutto, la Sintesi suprema, oltre la quale non esiste nulla. Quando la separazione tra noi e Lui scompare, la nostra scintilla divina si fonde in Lui e noi diventiamo il Tutto.
Il discepolo non conosce la strada per raggiungere la Realtà e l’Insegnante indica che, per arrivare a Dio, occorre distruggere tutto ciò che crea frammentazione. Solo l’Amore e la Fiducia sono in grado di far aprire i cuori alla Comprensione.
Uriel asserisce che l’esistenza è una storia d’Amore cui bisogna affidarsi. In questo percorso, che si snoda nelle vite, dobbiamo assimilare il concetto di interconnessione che ogni cosa creata ha con l’altra, tornando a percepire quell’unione e quel rispetto che ci integra al Tutto.
L’errore, il peccato, asserisce Cristo nel Vangelo di Maddalena, non esiste; esso è il frutto della proiezione mentale umana che lo genera ogni volta in cui si piega ai riflessi della propria realtà illusoria e ingannatrice. L’inconsapevolezza è la sorgente dell’errore, ma il bene, dice il Maestro, è insito nell’uomo, poiché è una scintilla divina e, alla fine del viaggio, tutti torneremo alla “Radice Madre”, ricongiungendosi alla luce di Dio.
Il Maestro invita ad ascoltare il conflitto tra anima e mente e che rende l’uomo malato. La sofferenza può essere benefica quando ci avverte che imbocchiamo un cammino sbagliato. Essa ha lo scopo di ricondurci alla volontà Divina. Egli ci sollecita a guardare i segni delle nostre azioni per comprendere cosa ci allontana da noi stessi.
Uriel afferma che la materia imprigiona e crea le passioni che sono contrarie all’essenza originaria e, se non vogliamo essere zingari ai margini dell’Universo, abbiamo il dovere di liberarci dalle catene della tribolazione. La materia è ingannevole e ci soggiogherà fino a quando impareremo ad usare la Mente superiore: il Nuos.
Cristo, nel Vangelo, invita a cercare l’Armonia e incita a trarre ispirazione dalla natura che contiene in sé una perfezione spontanea, la saggezza del Creato. Non esiste mistero per chi è sensibile al Creato e sa guardare con gli occhi del cuore. Può forse un albero non essere pronto a rinnovarsi in primavera o non finire il suo ciclo in autunno? Nella sua stasi vegetativa, si prepara al rinnovamento, alla rinascita, spontaneamente, in una sua naturale saggezza. La natura continua ad elargire, a condividere, schiudendosi in una danza che segue la fragranza delle stagioni, senza pensare se ciò che compie è giusto o sbagliato. Semplicemente è.
Gesù, dice Uriel, invitava a non imporre regole, dogmi, perché essi imprigionano, rendono schiavi. Il Maestro trasmette “occhi per vedere”, non canoni, o rigide norme. Un modo di vedere il mondo che conduce alla Conoscenza, meta finale del percorso di ricerca della vera Libertà. L’appartenenza a qualcosa fa allontanare dalla ricerca del sé. Attraverso un’organizzazione, una struttura, ci si dimentica la solitudine interiore e ci si sente avvolti da un senso inebriante di sicurezza. Uriel dichiara che il conforto annienta la ricerca; non stimola, non apre all’avventura. Fa riposare l’essere, ma non concede di crescere, di progredire.
Il Maestro suggerisce qualcosa di più profondo che giunge alla radice dell’Essere, garantendone l’espansione. L’esortazione che Lui porge non si identifica nella costruzione dei templi, ma nei luoghi sacri nel Tempio del Cuore, là, nell’abisso dell’Essere. Quando si raggiunge la Consapevolezza, si acquisisce coscienza dell’estrema bellezza della solitudine e sboccia il desiderio di relazionarsi all’Eterno che è dentro di noi. Questa Consapevolezza è una propria realizzazione, non una regola imposta dall’esterno.
Nel Vangelo viene descritto il Maestro che, dopo aver parlato, lascia i discepoli. Essi avvertono il vuoto, si sentono abbattuti e angustiati per le loro sorti. Si interrogano sull’incarico affidato da Cristo per la diffusione della Parola e sui rischi che quest’incombenza comporta. Ricordano che Gesù non è stato risparmiato per aver compiuto la Sua missione. Myriam allora li bacia e comunica che l’Essenza di Cristo non li avrebbe abbandonati. Chiede al gruppo di onorare il Signore, Colui che li ha preparati a questo grande compito, plasmandoli da uomini ordinari, ad esseri speciali. Li rincuora. Lei appare piena di gioia, mentre gli Apostoli piangono per la propria vita; non sono degli eroi. Si invertono le parti... la donna che prima piangeva ora infonde coraggio: «non piangete fratelli, non siate malinconici. La Sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà».
Ella viene invitata, come presenza iniziatica, dagli apostoli a far loro da insegnante. Lei, la Beneamata, cui il Maestro ha affidato le Parole frutto di un dialogo più intimo, non comprensibile agli apostoli.
Maddalena presenta una rivelazione speciale, una visione che la pone in una posizione privilegiata in confronto agli uomini. Lei sente il Maestro parlarle dentro.
«Colei che non dimentica il suo centro quando Lui compare, lei che non guarda ma vede e impara ad essere», così Cristo la presenta.
Nel Vangelo di Maddalena, l’Insegnante (Gesù) continua e descrive l’importanza del Nous,2) (termine greco che indica l’intelligenza, la Mente superiore), laddove risiede un preziosissimo gioiello che, attraverso una Porta simbolica, dà accesso all’interiorità. Oltrepassando quella Porta si accede alla sede della Comprensione, della Conoscenza diretta.
Uriel sostiene che tutto è Verità in quel luogo; lì si respira il “soffio” della creazione originaria, che ci riporta a Lui, ci ricongiunge all’Uno da cui ci siamo distaccati, creando muri che pensiamo invalicabili. Necessita guardare oltre quella Porta: «Colui che è impegnato a guardare i propri occhi, non vede il suo occhio», dice il Maestro nel Vangelo.
Bisogna morire per rinascere e risvegliarsi, asserisce Uriel. Occorre lasciar cadere l’ego, rinunciare a se stessi, arrendersi, capitolare per risorgere ad una nuova vita che distrugga le barriere costruite, disgregando le maschere che noi percepiamo come la nostra realtà. Crediamo reale ciò che è illusorio, perché camuffato nella densità terrestre e solo quando l’apparenza cade, si può tornare a Casa, scoprendo la Verità Divina.
Ecco il significato del gesto estremo che compie Cristo! Lui muore in croce per noi, per mostrarci la via che conduce a Dio. È dovuto morire, ha dovuto sacrificarsi per far risorgere la nuova Entità Divina. Finché non si muore a se stessi non esiste possibilità di resurrezione all’uomo nuovo. Lui ci fa da garante, ci esorta a lasciarci andare in Lui, ci offre l’opportunità della grazia con Amore. Nelle Sue mani possiamo morire alla vecchia identità per sbocciare al Regno di Dio, il Cristo interiore.
«La sua porta è un sorriso, fra la realtà e l’Uno», si cita nel Vangelo. Attraverso la visione con la Mente superiore l’essenza dell’uomo può contemplare l’Interezza di Dio, che ha generato la separazione per Amore, afferma Uriel.
Myriam chiede a Gesù le indicazioni per oltrepassare quella soglia e Lui risponde che occorre prendere consapevolezza di aver dimenticato tra una vita e l’altra, bisogna comprendere che l’oblio ci offusca la visione, ma che guardando con gli Occhi del cuore, dell’Amore, il velo si può rialzare e la Verità può riapparire sgombra da qualsiasi nube.
Il concetto della presenza della divinità dentro noi stessi, del Cristo interiore, è il fulcro dell’insegnamento di questo Vangelo. Da ogni riga trapela la fusione dell’uomo con il Tutto che Cristo ha incarnato con il Suo sublime esempio.
Myriam, nel Vangelo, continua annunciando che la Parola da lei proferita, potrà comprenderla solo chi si è dissetato alla Fonte, chi si è risvegliato abbandonando la presunzione, l’irrigidimento mentale: vere cause, queste, dell’arresto nel cambiamento.
Maddalena, che in questo Vangelo veste i panni dell’androginia ideale, si alza il velo sugli occhi ogni volta che parla, in una forma di riservatezza e d’umiltà che fa emergere la sua vera nobiltà. Lei ha ricevuto un’eredità. Uriel dice che le sono stati trasmessi Occhi per vedere il mondo ed essere dentro il mondo. Una Conoscenza che qui non è verbale, non è sapere. È Visione sublime.
Tuttavia Pietro è dubbioso, non abbandona le resistenze verso il sesso che lei rappresenta. Teme, è geloso, invidioso, umano.
Maddalena continua, sollecitata dagli altri discepoli.
L’esigenza di evolvere, asserisce Maddalena nel Vangelo, deve includere disciplina e volontà per addentrarsi negli universi che l’anima propone per risalire. Colui che non ha volontà, chi si dimostra debole, non può nemmeno avvicinarsi alla Porta della consapevolezza. L’illusione simula le necessità nella vita ma, se il cuore rimane stagnante e preda delle debolezze, non c’è «acqua che possa dissetare». Occorre autodisciplina, fermezza di intenti, insegna Maddalena.
Uriel commenta che dormendo non si impara. Si riposa. Solo l’apprendimento nasconde la vita e conduce ad un viaggio sconfinato, poiché l’infinito è l’Eterno. Tutto è in movimento, fluisce in assenza di staticità, vibra, respira nel battito vitale.
In questo viaggio l’anima incontra ostacoli che paralizzano l’evoluzione, irrigidendo l’individualità.
L’orgoglio, la collera, la menzogna, l’invidia, la gelosia, il desiderio, le passioni, imprigionano l’anima, che rimane avvinghiata nelle tenebre. L’ignoranza fa da corollario ad un apparato scenico che offre ancora separazione, sofferenza, dualità.
Suggestiva è questa parte che, nel Vangelo, annuncia finalmente la resa dell’anima: «In questi mondi la collera chiede all’anima: qual è la tua origine tu che hai imparato ad uccidere? Qual è il tuo scopo tu che ti sposti solo errando? E l’anima risponde: tutto ciò che velava l’orizzonte con la separazione è evaporato, perché ho voluto guardare, così la bramosia è andata via, sono uscita dal cerchio dell’ignoranza e l’orgoglio si è esaurito».
Uscendo dalla scena per entrare in un altro scenario, un’immagine si è dissolta per essere sostituita da un’altra, più pura e Una. Uriel dice che è la via della pace, laddove il tempo si ferma nell’eternità, là dove l’anima ha raggiunto la Sintesi suprema.
Andrea e Pietro, infine, dichiarano il proprio dissenso ai fratelli. Essi non possono credere che Gesù abbia occultato tali verità a loro, prediligendo una donna. Non riescono a cogliere ciò che lei comunica con il cuore, perché il sentimento che li anima lo impedisce e si limitano alla critica analitica, in preda ai loro giochi mentali.
Myriam, nel Vangelo, piange di fronte all’incredulità degli Apostoli; ancora una volta il suo cuore si apre con umiltà: «Pietro, fratello mio, a cosa pensi? Pensi forse che io abbia immaginato tutto questo nel mio cuore? Che io stia mentendo riguardo al Salvatore?».
Tra le righe viene narrata la capacità interiore di Maddalena di percepire i Misteri cui gli Apostoli non riescono ad accedere. Lei si accosta direttamente ai tesori della Coscienza del Maestro. Manca invece nei discepoli qualcosa che impedisce la vera capacità di valutazione. Uriel dice che essi comprendono ma non conoscono; utilizzano gli strumenti maschili del raziocinio, usando l’analisi concettuale e mentale ma non riescono ad accedere alla completezza della Parola del Cristo. Si limitano ad osservare ma non si abbandonano, non colgono con la fede del cuore che sempre ha contraddistinto l’essenza di Myriam.
Il Vangelo termina con la difesa di Matteo nei confronti di Maddalena, il quale fa emergere la predilezione e l’affetto che il Maestro prova nei suoi confronti. Matteo smorza i conflitti e il giudizio misogino per far emergere le questioni del cuore e, rivolgendosi a Pietro, gli chiede: «Chi sei tu per respingerla?». Esorta poi i fratelli ad abbandonare le debolezze, diventando veri uomini per trasmettere la Parola di Cristo, ma avverte anche che nella loro anima non deve esserci altra regola se non quella di cui Cristo è stato testimone vivente.
Importante precisazione, questa, che si riferisce al chiaro intendimento di non richiedere nessuna fondazione di Chiese esteriori, ma solo l’edificazione della Chiesa interiore.
Le pagine mancanti a questo Vangelo, mi rivela Uriel, chiariscono meglio la richiesta del Maestro, il quale pone particolare attenzione alle trappole dei dogmi, ammonendo coloro che vogliono strumentalizzare gli insegnamenti per farne regole, allo scopo di esercitare potere sui popoli. Cristo, in questo Vangelo, ci ricorda che non esiste il peccato e se l’errore non sussiste, scompare anche la necessità del pentimento proposto dalla religione dogmatica.
Tutte le Chiese, asserisce Uriel, si pongono come tramiti della nostra redenzione, poiché si rapportano direttamente con Dio, che è presentato come Entità esterna a noi. Si poggiano sui nostri sensi di colpa e ci offrono, attraverso le regole, il modo migliore per diventare moralmente retti.
Ma se il peccato è solo una proiezione mentale umana che si piega ai riflessi di una realtà ingannatrice, dice Uriel, noi soli siamo i veri responsabili del nostro cammino e nessuna regola ci deve persuadere a guardare fuori di noi.
Cristo è già in noi e non va cercato altrove, asserisce l’Arcangelo, se non nel nostro Regno interiore in cui lo troveremo sempre pronto ad accoglierci.
Proprio come inizia con il silenzio di Cristo, il Vangelo si conclude con un silenzio, denso di significati…
1. Il ritrovamento di questi manoscritti ebbe un impatto non trascurabile sulla cultura del tempo, perché rivelavano l’esistenza di testi, d’ambiente greco e giudaico, antichi quasi quanto i Vangeli canonici.
2. Per gli Gnostici rappresenta la porta che rende possibile la visione Eterna
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Annamaria Bona è l’autrice de
La cura con i cerchi di Grano [ed. Melkisedek]
Viaggio nel tempo con Uriel [ed. Melkisedek]
Maria Maddalena [ed. Melkisedek]
e allora... buona navigazione, o Navigatore!