Singapore
Una brutta avventura
Ero in partenza da Perth in Australia alla volta di Jakarta, è domenica e di sfuggita ascolto un pezzo d’articolo in TV che parla di inondazioni in Indonesia. Sembra che una settimana ininterrotta di pioggia, che dicono strana e provocata dalle mutazioni climatiche in atto perché mai si era vista una pioggia così devastante in questa stagione dell’anno, siamo in inverno e non nella stagione dei monsoni, abbia provocato inondazioni che hanno invaso le case di centinaia di migliaia di cittadini mettendo in ginocchio i trasporti, le comunicazioni telefoniche, le industrie. Al ché avevo pensato bene di chiamare il mio cliente a Jakarta il quale mi rassicurava della normalità della situazione dicendomi che i media ingigantiscono sempre le cose e di partire fiducioso,…, cosa che ho fatto! Volevo raccoglie altre informazioni in merito telefonando in Italia, ma lì era ancora notte e guidato da superficialità mi sono imbarcato con Claudia alla volta di Jakarta.
All’aeroporto ci vengono a prendere in quattro, cliente e codazzo di suoi uomini.
Procediamo per una tangenziale sopraelevata e con il buio vedi e non vedi, il traffico comunque era notevole per essere quasi mezzanotte e nell’ultimo tratto abbiamo percorso fra mille difficoltà strade invase dall’acqua con il mio cliente sempre pronto a minimizzare dicendo che si la città è sotto acqua ma non il quartiere ove è locato il nostro hotel.
Bene, arriviamo, beviamo un caffè, ci accomiatiamo e ci diamo appuntamento per la mattina successiva per un incontro di lavoro negli uffici della sua ditta.
La mattina successiva mi telefona dicendomi che non riesce ad arrivare all’hotel perché tutte le strade sono bloccate dall’acqua e ci consiglia di fare il check out, di prendere un taxi e di incontrarci in aeroporto, uno dei pochi posti sicuri di tutta la città. Bello! Il fatto è che i taxi non ci arrivano all’hotel perché l’acqua arriva al motore bloccandone così il funzionamento, l’unico modo di lasciarlo è stato quello di prendere il bus dello stesso perché più alto dell’acqua.
Quello che abbiamo visto e fotografato durante il percorso non lo avevo mai visto prima in tutta la mia vita.
Povere case con l’acqua che arrivava fino ad un metro, un caos indescrivibile in ogni dove. Bambini che giocavano nell’acqua, carretti che trasportavano persone da una parte all’altra, accampamenti in ogni dove, altri che facevano il bucato, molti che si improvvisavano vigili urbani per racimolare qualche denaro dagli automobilisti, negli sguardi della persone comunque notavi dignità e quasi rassegnazione ad eventi che qui spesso accadono.
Invito il mio cliente a telefonare per trovare un albergo per la notte, mi risponde che c’è tempo, lo ri-invito, mi ridice che si provvederà senza problemi. Facciamo il nostro incontro commerciale, andiamo a cena assieme e poi…, si scopre che posti letti non ce ne sono! siamo andati a dormire in un hotel che di hotel aveva solo il nome! 20 dollari la pernottazione, mussulmani praticanti i gestori, sporco e sporco da per tutto. Niente carta igienica, no sapone, né asciugamano, lenzuola sudice, bestioline che saltavano in ogni dove,…, una notte d’inferno per noi poveri occidentali abituati ai nostri agi di persone civilizzate.
Al mattino ci siamo diciamo svegliati alla voce gracchiante di un alto parlante che invitava alla preghiera mussulmana, io e Claudia ci siamo guardati negli occhi felici di essere sopravissuti ad una notte del genere.
Vado al bagno per lavarmi i denti, sento Claudia gridare, ritorno in camera e la trovo terrorizzata in piedi sopra il letto. Mi dice di aver visto una brutta bestia di 15 centimetri entrare ed uscire dai nostri bagagli aperti. La tranquillizzo dicendole che ormai è finita. Impacchettiamo tutto, scendiamo le scale, riammiro per l’ultima volta i quadri alle pareti, raffigurano la Mecca, la pietra nera, iscrizioni in arabo antico segni che i gestori dell’albergo sono mussulmano veraci. Arrivati nella hall ad accoglierci c’è sempre la solita receptionist con il suo velo fatto a cappello che si chiude sulla gola lasciando libero solo il viso, ci chiede se vogliamo far colazione, Claudia la guarda male, rimaniamo seduti lì nella hall per un paio di ore e poi, vi alla volta di Singapore, felici di andare in contro alla civiltà.
di Bruno Ferrarese
e allora... buona navigazione, o Navigatore!